LE OPERE DI BRERA A MUBIG, IL MUSEO DI COMUNITÀ DEL QUARTIERE DI GRECO 7 maggio 2022, ore 11-18 via Carlo Conti 20 e chiesa di San Martino in Greco

MUBIG è un museo di comunità progettato e realizzato da ABCittà, un collettivo di urbanisti e operatori sociali, in partnership con Pinacoteca di Brera e Stazione Radio.
Nato nel 2020 grazie al sostegno del Bando 57 di Fondazione di Comunità Milano, MUBIG vuole raccontare le storie del quartiere di Greco in modo diffuso, contemporaneo e partecipato. Non ha una sede fisica, ma gravita intorno al progetto BiG, a cui si deve la riqualificazione di un’antica cascina trasformata in mini-alloggi per genitori single con bambini, giovani lavoratori e anziani autosufficienti, con servizi in comune e attività condivise (orto, ciclofficina, biblioteca...).
Il progetto del museo si innesta su questa realtà vitale, intergenerazionale e creativa, in cui convivono persone diverse per provenienza, storia, età, desideri.
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Dall’incontro del progetto BiG con il quartiere si sono sprigionate molte energie: Greco, comune autonomo fino al 1923, ha infatti una storia importante, una fisionomia ben precisa, rilevanti tracce storiche (la cappella di Segnano, la chiesa di San Martino in cui sono conservate due pale di Brera, le rive della Martesana; e pare che dalla cascina di BiG fosse passato anche Renzo Tramaglino...). La Resistenza e la contiguità con l’hinterland industriale hanno segnato Greco in profondità. Più recentemente, il quartiere ha accolto il Refettorio della Caritas, con interessanti interdi artisti contemporanei.
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Gli abitanti hanno osservato con curiosità e apertura la “rinascita” del borgo e hanno intrecciato le loro traiettorie con quelle dei nuovi abitanti. Ne sono nate alleanze, progetti comuni, relazioni.
È proprio dall’incontro con gli abitanti di Greco e dalle loro memorie che è nata l’idea del museo, realizzato in modo partecipativo, come nel metodo di lavoro di ABCittà.
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Il museo si esprime attraverso:
le passeggiate in quartiere, costruite a partire dai racconti di prima mano e accompagnate dalle audioguide di Stazione Radio (con QRcode, su izi.travel)
le “discovery box” o “museo in scatola” realizzate da ABCittà e Pinacoteca di Brera: scatole piene di oggetti, documenti, proposte di attività sul tema dei confini, che possono essere prese in prestito e fatte circolare
le mostre, come quella dedicata alle quattro opere della collezione Zavattini portate dalla Pinacoteca di Brera a Greco per la sola giornata del 7 maggio 2022 e accompagnata da un palinsesto di strumenti di mediazione, workshop, conversazioni a partire dalla domanda: “che cosa vuol dire abitare (un quartiere, una città, un’epoca)?”.
MUBIG non vuole essere un museo del passato, ma un’occasione per costruire il fu- turo del quartiere, e dunque della città, in modo aperto, attento ai segnali, curioso verso chi verrà ad abitare qui con le sue potenzialità, progetti e sguardi.
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ABITANTI-
OPERE DELLA COLLEZIONE ZAVATTINI DA BRERA A GRECO
11.00 / MUSEO-QUARTIERE. UNA CONVERSAZIONE
con il direttore della Pinacoteca di Brera, James Bradburne,
e con gli abitanti del quartiere
15.00 / DISCOVERY BOX
con il Liceo Amaldi di Novi Ligure, focus group sulle “discovery box” realizzate
da ABCittà e Pinacoteca di Brera
16.00 / 17.30 / WORKSHOP: RITRATTI VIVI
alcuni studenti e studentesse della 5C del Liceo Caravaggio di Milano
realizzeranno i ritratti degli abitanti del quartiere
Nella chiesa di San Martino a Greco, ai lati dell’altare, sono esposte due importanti tele della collezione di Brera, di cui in questa occasione vengono inaugurate le didascalie , realizzate dalla Pinacoteca di Brera seguendo i suoi standard. Nel corso della giornata sarà possibile visitare la chiesa e incontrare le opere.
Per tutta la giornata, nel van parcheggiato nel cortile e messo a disposizione da Arterìa, sponsor della giornata, sarà possibile vedere le videointerviste realizzate da Cesare Maiocchi della Pinacoteca di Brera.
MUBIG è sostenuto dal Bando 57 di Fondazione di Comunità Milano.
Un ringraziamento speciale ad Arterìa, che ha offerto il trasporto delle opere; a Mondi, che ha regalato la carta da disegno; all’Associazione Amici di Brera, per l’indispensabile supporto.
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LA COLLEZIONE ZAVATTINI: GLI “AUTORITRATTI” DELLA PINACOTECA DI BRERA
Cesare Zavattini, scrittore e notissimo sceneggiatore del cinema neorealista, amava l’arte e si dedicava spesso anche alla pittura, svago prediletto, assieme alla sua più grande passione: il collezionismo: “Che gioia profonda mi danno i quadri, se avessi soldi non farei altro che comprare quadri”. E in circa quarant’anni ne raduna quasi 1600, tutti di piccolissime dimensioni. Zavattini mette insieme una raccolta unica nel suo genere, fatta solo di dipinti formato cartolina, perché come ricorda lui stesso: “non potendo fare collezione di quadri grandi perché costavano troppo” sceglie di circondarsi “di quadri piccoli, le cui dimensioni sono di media otto centimetri per dieci”. Zavattini inventa le opere “minime”, di un insolito formato che va espressamente richiesto. La collezione si forma quindi tutta su commissione, con caratteristiche precise che vengono proposte praticamente a tutti gli artisti contemporanei, italiani e non, e anche a uomini di cultura, critici d’arte e scrittori, e richieste in due versioni, un soggetto libero e un autoritratto: “A tutti i pittori ho chiesto l’autoritratto, così ho anche gli autoritratti di quasi tutti i pittori italiani nelle dimensioni suddette”. Zavattini riempie la sua casa per anni con piccole nature morte, paesaggi, composizioni astratte e soprattutto volti di: Fontana, Burri, Balla, De Chirico, Savinio, Capogrossi, Severini, Rosai, Casorati, Sironi, Mafai e Raphaël, Soffici, De Pisis, Campigli, Afro, Consagra, Depero, Guttuso, Dorazio, Manzù, Leoncillo, Melotti, Marini, Accardi, Schifano, Vedova, Rotella, Festa, Fini, Turcato, Munari, Pistoletto, Plessi, solo per citarne alcuni...
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Nel 2008 una selezione di quegli autoritratti (152 esemplari) è recuperata dalla dispersione dalla Pinacoteca di Brera, che ne espone quattro solo per oggi nella Cascina di Big, a ricordare sia lo speciale sguardo dedicato da Zavattini alla vita urbana meneghina nel suo Totò il buono (1942-43), da cui venne tratta la celebre pellicola Miracolo a Milano (Vittorio De Sica, 1951), sia a presentare al pubblico la testimonianza di quattro importanti personalità dell’arte e della cultura, particolarmente legati all’ambiente milanese.
Dino Buzzati, giornalista, scrittore, poeta, drammaturgo, per anni protagonista di cronache giornalistiche e narrazioni dedicate al capoluogo meneghino, condivide con l’amico Zavattini la dedizione assidua e appassionata anche alla pittura. Nella lettera che accompagna la spedizione del quadretto, datata 20 marzo 1959, am- mette di non aver mai affrontato il tema dell’autoritratto: “Non è un capolavoro, ma renditi conto che è la prima volta che ho cercato di raffigurare me stesso. Comunque apprezza le buone intenzioni” e il risultato nulla ha da invidiare ai suoi più noti contemporanei maestri. Su un brullo sfondo montuoso, schematicamente illustrato, lo scrittore-pittore si incupisce avvolto da cromie scure e pesanti ombre, dove contrasta, sopratutto col nero del cappello la vivida cravatta rossa; la scena è surrealmente immaginata dietro una cortina di sbarre, quasi a ricordare quel senso di oppressione e prigionia, che pervade il romanzo più famoso di Buzzati, Il deserto dei Tartari (1940).
Fausto Melotti, ingegnere laureato al Politecnico di Milano e studente dell’Accademia di Belle Arti di Brera, lega il suo nome a importanti rassegne e mostre personali del capoluogo lombardo; scultore dotato di creatività drammaturgica e di grande ironia, risponde alla richiesta di Zavattini con ben quattro autoritratti, in cui si immagina in diversi atteggiamenti come “il signore tanto per bene e quello che ha perso tutti i suoi venerdì e l’indeciso e l’indefinito”. L’Autoritratto (1964) arrivato a Brera è indubbiamente serio, concentrato sull’espressione della mimica facciale, coi tratti somatici naturalisticamente delineati, tecnicamente reso, grazie alla monocromia e a una spessa verniciatura, quasi un’invetriatura, simile a una ceramica smaltata.
Milanesissimo, uno dei massimi esponenti del design, della grafica, dell’arte a 360 gradi e della scrittura del Novecento, noto specialmente per gli innovativi testi, giochi, installazioni e laboratori a finalità essenzialmente didattica, Bruno Munari è il creativo poliedrico per eccellenza. Dalla fine degli anni ’40 realizza la serie di dipinti astratti definiti “Negativi-positivi”, in cui ogni forma della composizione viene considerata, o come posta in primo piano, oppure sullo sfondo, a seconda della visione di chi la osserva, ed è su questa linea che Munari si interpreta per entrare a far parte della raccolta Zavattini: “i due quadretti che ho preparato per la tua collezione sono finiti [...] Sono due negativi positivi, uno a curve e uno a rette”. Scandito in due zone perfettamente simmetriche - l’una il negativo grigio scuro dell’altra positivo rosso fuoco - il volto del geniale artista è trasfigurato giocosamente in trasposizione infantile, coi caratteri somatici appena tratteggiati in un buffo sorriso; l’alternanza cromatica si ripete negli occhi perfettamente circolari, uno marrone, uno azzurro.
Altrettanto infantile e accattivante l’interpretazione di sé data da Mimmo Rotella, in un quadretto-cartolina che sembra più un collage, e inquadra solo una porzione del volto, trattato a marcate linee nere e campiture uniformi gialle-rosse. Il ma- estro del decollage, del manifesto pubblicitario strappato e trasformato in opera d’arte, diviene interprete originalissimo della vita urbana, dei miti della società contemporanea, delle dinamiche del consumismo e del bombardamento pubblicitario visibile per le strade delle città moderne.